Lingua di specialità e insegnamento: sfide e opportunità
Quando sono arrivata in Francia, ormai quasi quattordici anni fa, ho sentito parlare per la prima volta di ‘lingua di specialità‘ e della sua applicazione all’insegnamento.
Il concetto mi è sembrato estremamente calzante e totalmente corrispondente al mio punto di vista.
Per lingua di specialità si intende una lingua vettore di conoscenze specifiche, afferenti ad un settore o un ambito particolare. In italiano parliamo di ‘linguaggio specialistico‘.
Con un misto di stupore e soddisfazione, ho visto applicare tale concetto all’insegnamento delle lingue straniere, in contesto universitario come professionale. Ciò è stato per me illuminante.
Non fraintendetemi, adoro l’approccio accademico italiano: ho sguazzato felice e compiaciuta tra i cavilli grammaticali e le elucubrazioni letterarie, ai tempi della mia formazione.
Eppure, col senno di poi, trovo tutto ciò distante anni-luce dalla realtà.
La lingua è un fatto concreto, tangibile; uno strumento potentissimo che ci permette di passare all’azione.
Insegnare una lingua straniera, avendo bene in testa quelli che sono gli obiettivi pragmatici degli studenti, significa renderli capaci di fare, vuol dire dotarli di una ‘cassetta degli attrezzi‘ preziosa e fruibile.
Tale approccio permette di motivare, spronare gli studenti e restituire senso ad una formazione che può, in alcuni casi, apparire troppo astratta ed inutilizzabile.
Attenzione: non si esclude, in questo modo, un lavoro sulla grammatica e le sue regole.
Semplicemente, si parte dall’osservazione di una “lingua reale”, nei suoi aspetti più concreti, per poi dedurne le regole grammaticali e lavorare sulla teoria.
È per questo che i miei corsi si basano sull’ ‘italiano di specialità’.
I miei studenti spesso si formano per motivi professionali, ma l’italiano professionale non è uno solo: si declina e si differenzia in base al settore, alla funzione, al posto occupato.
Pensiamo, ad esempio, all‘italiano del turismo e dell’accoglienza: è importante innanzitutto acquisire illessico di base del settore della ricezione per poi passare a un vocabolario più specifico legato a figure professionali chiave del settore, solo per fare alcuni esempi.
Personalizzare e modulare il percorso formativo è ogni volta una sfida, che richiede tempo ed energia, e che fa viaggiare in ambiti linguistici molto vari.
Tuttavia, osservarne l’utilità concreta e diretta rappresenta uno sprone, che giustifica qualunque sforzo.
E voi, cosa ne pensate?
In quali ambiti linguistici avete viaggiato con i vostri studenti?